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Lo Specchio_M3


di FreyjaL
25.08.2024    |    240    |    1 9.3
"Si accomoda sul letto vicino alla testa della sua schiava facendomi cenno di ripeterle l’ordine..."
È come una specie di comandamento – Il Padrone ha sempre ragione! – e non c’è alcuno scampo.

Diversamente se ne pagano le conseguenze.

Questo è il motivo per cui mi sto preparando a ricevere la mia prima punizione, vera.

Pelle e carne.

Come sempre ho ricevuto degli ordini su come prepararmi per l’incontro, perché ti piace controllare anche questa parte di me, per non lasciarmi andare alla mia solita necessità di nascondermi.

Io sono la tua schiava e dove vado ti rappresento come Padrone. Se sfiguro io, sfiguri Tu.

Ormai è estate, fa caldo, quindi indosserò un abito azzurro con spalline sottili, lungo e molto leggero, sandali blu, niente biancheria.

Sai che odio profondamente uscire da casa senza biancheria eppure, con quella punta di sadismo che ti si addice perfettamente, continui ad ordinarmelo.

Forse è proprio per questo che ti piace tanto, perché sai quanto devo forzare la mia natura per eseguire un ordine così semplice, quasi banale per chiunque altra.

Ti vedo sorridere quando mi scrivi “senza biancheria”, sento quasi la tua mano che mi accarezza i capelli e si ferma a stringermi la coda “senza biancheria!”.

Già, di nuovo senza.

“Sì, Padrone!”

Salgo in auto, un forno a microonde ormai, imposto il navigatore e mi avvio.

Non so molto di quello che succederà oggi, ma credo di sapere l’essenziale.

Sono in punizione.

Andrò a casa di un uomo che non conosco, una casa dove lui ha fatto attrezzare due stanze in modo che da una si possa vedere tutto quello che succede nell’altra, senza però essere visti a propria volta.

Non so chi sarà presente, so solo che Tu non ci sarai e questo mi destabilizza. Avevamo detto “mai senza il Padrone”. Però questa è una punizione e farò ciò che hai ordinato, con fatica ma lo farò.

Dunque dovrò essere usata da un estraneo alla mercè di altri estranei che saranno nella stanza accanto e guarderanno quello che mi accade.

Loro guarderanno, esattamente, guarderanno il mio corpo mentre verrà usato e portato al culmine del piacere, mio malgrado.

Proprio quel corpo che ti sei stufato di sentirmi sminuire. Mi hai detto e ripetuto molte volte che essere è più importante che apparire, ma io con il mio corpo invecchiato non ho un buon rapporto e non lo nascondo. Anzi ho la pessima abitudine di ostentare il mio disappunto per come sto invecchiando.

È di questo che ti sei stufato e, siccome non vuoi più sentirmelo dire né ripetermi che per te non è importante, hai deciso che ci voleva una punizione esemplare.

La strada scorre veloce come i pensieri e in poco più di mezz’ora sono a destinazione.

Citofono, con le mani che mi tremano, e attendo che qualcuno mi venga ad aprire.



Sento il rumore di un’auto che parcheggia, discosto la tenda e scorgo una bionda che percorre il vialetto camminando con eleganza.

Scendo le scale immaginando ciò che di lì a poco accadrà con colei che ormai è a pochi metri da me e sono estremamente impaziente che si palesi davanti ai miei occhi.

Giocheremo insieme nella stanza che ho preparato per queste occasioni: al centro è sistemato un letto pronto ad accoglierla, alla destra del letto un mobile antico ristrutturato in cui sono celati alcuni strumenti ed oggetti che forse oggi useremo per il suo piacere, tutte le pareti intorno sono rivestite da specchi, ma una di queste nasconde un segreto.

La schiava è a conoscenza di questo segreto, sa che dietro a qualcuno di quegli specchi ci saranno delle persone intente a curiosare cosa le succederà oggi.

Quello che non sa è qual è la parete incriminata e quali occhi indiscreti la guarderanno morbosamente mentre viene usata come ha ordinato il suo Padrone e io la induco a manifestare a tutti il suo piacere, il suo godimento.

Aspetto che suoni il campanello, mi accorgo che sta indugiando perché non ci vuole così tanto a percorrere il vialetto del giardino.

Ne approfitto per controllare ancora una volta come sto, anch’io mi sono preparato con cura; visto il caldo indosso un pantalone leggero di lino ed una camicia bianca aperta, tenuta allacciata da soli tre bottoni, scarpe eleganti ma leggere, capelli liberi.

Pulito e profumato!

Ecco che suona il campanello, io sono pronto ad accoglierla.

Non mi paleso ancora, rimango nascosto dietro la porta di casa mentre la apro; niente saluti, né strette di mano, né presentazioni.

La faccio entrare, le intimo di salire le scale che sono di fronte alla porta e, una volta arrivata al piano superiore, di entrare nella prima stanza alla sua destra, quella con la porta socchiusa.

“Dimmi se hai capito le istruzioni!”

“Ho compreso” risponde con un filo di voce.

Sale e mi appresto a seguirla immantinente.



Mentre salgo verso il piano superiore scorgo subito la porta di destra socchiusa pronta ad accogliermi. Entro lentamente fino al centro della stanza e repentinamente la porta si chiude alle mie spalle, facendomi sentire per un attimo come in trappola.

L’istinto di scappare è così forte che sono pronta a voltarmi per riaprirla, ma alla fine desisto. Gli ordini del Padrone sono di non fare nulla di testa mia se non quello che mi viene ordinato di volta in volta dall’uomo che mi accoglie in casa sua.

E comunque non sarei mai scappata perché è qui che il mio Padrone vuole che io sia adesso!

Sono circondata da ogni lato di specchi, apparentemente sola, e non posso fare in alcun modo a meno di guardarmi, di vedere come sono da ogni parte di me.

L’uomo deve aver chiuso la porta da fuori. Aspetterò con pazienza che si decida ad entrare anche lui nella stanza per darmi altri ordini.



Dunque è davvero arrivato il grande giorno, quello atteso da mesi ormai; il giorno in cui il Padrone di Lays mi ha concesso di poter usare senza limiti la sua schiava.

Indugio anch’io alcuni minuti dietro quella porta chiusa, poi entro nella stanza: lei è lì al centro quasi smarrita ma, al tempo stesso, curiosa ed eccitata di scoprire cosa le ha riservato il Padrone.

Mi vede, mi avvicino senza proferire parola e lei rimane immobile. Arrivo davanti ai suoi occhi pronto ad ammirare dal vivo le sue forme sinuose, messe in risalto dall’abito lungo che indossa a pelle. La stoffa è così leggera che potrebbe sembrare nuda: disegna ogni forma, rilievo e valle. I capezzoli sono turgidi e spuntano impertinenti attraverso il vestito.

Le giro intorno guardandola e sfiorandola.

Le appoggio una mano sulla testa

“In ginocchio schiava.”

Obbedisce e in un attimo è già ai miei piedi; sa che qualsiasi cosa le chiederò oggi è la parola del Padrone; non la mia.

Quindi incalzo:

“Accarezzami!”

Senza farselo ripetere le sue mani delicate sfiorano i pantaloni, so che sente la forma del mio pene che inizia a crescere, così come la voglia di possederla.

“Con più vigore, Lays. Non è mica un giocattolino delicato” le intimo, “sbottona i pantaloni ed abbassali insieme agli slip”.

Nel preciso istante in cui si trova in ginocchio con il mio pene all’altezza degli occhi le ordino di toccarlo.

Inizia ad accarezzarlo con indecisione, quasi con timore.

La fermo subito e la induco a guardami negli occhi sollevandole il mento con una mano.

“Lays, mettici più passione, tutta la tua passione! Devi immaginare che sei al cospetto del membro del tuo Padrone e non del mio.”

È in questo modo che diventa sempre più convincente, come se averle ricordato per chi è qui l’avesse sciolta definitivamente.

“Oggi sono io il tuo padrone, quindi devi obbedire senza remore a qualsiasi ordine.”

Annuisce.

“Succhiamelo adesso. Porta la tua bocca sul mio uccello e comincia a leccarlo”, ma la fermo di nuovo “senza mani” aggiungo “metti le mani dietro la schiena come se fossi ammanettata.”

Un momento di impaccio poi incomincia leccando la punta della cappella.

Nel frattempo mi dedico un po’ a lei, mi chino per appoggiare una mano aperta sul suo seno rigoglioso e sento spingere sul palmo uno dei capezzoli, lo massaggio con decisione e lo stringo.

Un leggero rantolo di gola mi vibra intorno alla mia cappella.

“Ti lamenti Lays? Ti ho fatto male?”

Non risponde e continua ad eseguire il suo ordine.

Quando ha preso un ritmo ormai continuo e senza impaccio la prendo per i capelli e la faccio alzare, la sospingo verso lo specchio dove so esserci il suo Padrone ad osservare e le faccio appoggiare le mani aperte sulla parete, leggermente piegata in avanti.

Sfioro la pelle della sua gamba sollevando al contempo la stoffa dell’abito, mettendone in mostra le gambe e, al culmine, il fondo schiena.

Non indossa la biancheria, quindi mi trovo subito ad ammirare la sua intimità ormai fradicia di umori.

Preso da un desiderio irrefrenabile, la penetro, Senza preavviso. Sussulta. Mi chiede se le è permesso urlare, ma glielo nego.

La spingo forte da dietro e le schiaccio la guancia sullo specchio.

“Ti piace Lays?”

Non risponde.

“Ho chiesto se ti piace, schiava!”

Pronuncia solo un timido sì.

“Non ho sentito! Ti piace, schiava?”

Dalle labbra leggermente distorte le esce una risposta più forte e vibrata.

“Chi sono io, oggi? Il tuo padrone! In questo momento sono io Il tuo Padrone! Allora rispondi Si padrone! Ti piace il mio cazzo schiava?”

“Sì, signore!” biascica poco convinta mentre ormai ansima ad ogni spinta quando il mio pene la penetra fino alle palle.
Omette di chiamarmi padrone, ma ci faccio poco caso.

“Guardati!” le dico “Cosa avrai fatto mai per meritarti questa punizione dal Padrone? Essere usata senza che lui sia presente. Essere ceduta ad un altro uomo, che ti può usare e può ordinarti di chiamarlo padrone.“

Non risponde ma una fila continua di lacrime le naviga lungo il solco delle rughe intorno agli occhi e scivolando le si infila fin sotto al vestito in mezzo ai seni.

“Credi che il tuo padrone ti punisca senza motivo? Ti sarai sicuramente comportata in un pessimo modo per ricevere una punizione così severa. Ti senti osservata, vero?!”

Annuisce.

È incredibile come la sua mente ed il suo corpo in questo momento siano così in contrasto: piange, ma gli umori che colano da lei sono come un fiume in piena, ancora più capienti delle sue lacrime.

Adesso basta, mi allontano bruscamente così come l’ho penetrata.

Slaccio il fiocco dell’abito che ha sulla nuca e glielo sfilo facendolo scorrere lungo le gambe.

Nuda la prendo e la sposto sul letto legandola ai quattro lati, sia mani che piedi. In questa posizione così aperta potrebbe ammirarsi su ognuno degli specchi che la circondano, invece noto che chiude gli occhi, li serra così forte che la pelle del contorno diventa subito arrossata.

Apro l’armadio e prendo un enorme fallo di plastica.

Glielo strofino sulla faccia e glielo faccio leccare, in modo che capisca quanto è grosso.

“Non vuoi guardarti, vero!? È per questo che ti ha punita il Padrone?”

Annuisce.

La penetro con l’enorme fallo.

“Se il motivo è questo il tuo Padrone ha ragione, dovresti imparare a guardarti quando sei in estasi. Sei così eccitante. Apri gli occhi Lays, Guardati!”

Scuote il capo negando di obbedire all’ordine impartito.

Dalla parete della stanza, nel frattempo, una porta all’interno dello specchio si apre e ne esce il Padrone.

Si accomoda sul letto vicino alla testa della sua schiava facendomi cenno di ripeterle l’ordine.

“Guardati, Lays!”



Anche se sono completamente alla mercé di quanto sta accadendo al mio corpo mi accorgo immediatamente che qualcosa nell’equilibrio del materasso è cambiato, qualcuno si è seduto vicino alla mia testa.

L’uomo che mi sta usando a suo piacimento mi intima di aprire gli occhi e guardarmi, la curiosità di sapere chi mi si è seduto vicino fa altrettanto, eppure è più forte di me. Non li aprirò.

Questa stanza piena di specchi mi intimidisce e non riesco proprio a guardami. Immagino che l’uomo racconterà tutto al Padrone e che Lui ne resterà profondamente deluso, ma proprio non ce la faccio.

L’uomo mi ordina ancora una volta di guardarmi e poi un’altra, mentre una mano mi afferra per i capelli e li tira.

“Lays!”

Sussulto, questa è la voce del Padrone.

“Cosa ti punisco a fare se non sei in grado di imparare nulla dalle mie punizioni?”

Gli occhi si aprono all’istante e mi ritrovo a fissare quelli verdi del Padrone. Deglutisco forzatamente in cerca di aria e saliva da mandare giù.

Il grande fallo di plastica è fermo dentro di me tenuto in posizione dall’uomo inginocchiato tra le mie gambe aperte.
Nulla di quello che è successo oggi in questa stanza è accaduto senza la presenza del Padrone, non avrei mai dovuto pensare che potesse essere diversamente.

Il Padrone ha una sola parola.

“Lei oggi non può godere!” è il Padrone che intima all’uomo di smettere di darmi piacere “tu invece meriti di essere ricompensato e Lays sa come fare. Vero, piccola cagna?”

“Sì, Padrone.”

L’uomo estrae il fallo, ma prima di lasciarglielo mettere via il Padrone gli chiede di passarglielo e me lo infila ancora una volta in bocca.

“È pieno dei tuoi umori, lo vuoi ripulire o dobbiamo lasciare questa stanza senza onore?”

Lo lecco e lo ripulisco con devozione anche se non può entrarmi tutto in bocca.

“Adesso è ora tu faccia lo stesso con quest’uomo Lays, fino a farlo godere con piacere!”

“Sì Padrone!”

“Non hai il permesso di chiudere gli occhi.”

“Sì, Padrone!”

Sempre legata al letto, circondata di specchi, l’uomo avvicina il suo membro alla mia bocca per farselo leccare e succhiare. Il fondo della gola accoglie la sua cappella, la bocca si riempie di saliva come se fosse una vagina piena di umori.

Le palle dell’uomo mi ballano sotto al collo mentre gode dentro di me e mi inonda di sperma.

Soffoco.

Corpo e mente soffocano all’unisono.

[2024 racconto a due mani]
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